Devo mettere la macchinetta? Ma io ho 50 anni!

Devo mettere la macchinetta? Ma io ho 50 anni!

Molti pazienti adulti nutrono riserve quando si prospetta loro un trattamento ortodontico. Invece l’ORTODONZIA in età adulta è un’arma formidabile sia per mantenere i propri denti in salute sia per ottimizzare i risultati di una terapia protesica volta a rimpiazzare denti persi in precedenza. E naturalmente per avere un bel sorriso!

 

Nei soggetti a partire mediamente dai 35 anni si verificano gli esordi della PARODONTITE CRONICA DELL’ADULTO con la comparsa di problematiche gengivali e parodontali che, se lasciate a se stesse, risultano progressivamente ingravescenti. La PARODONTITE ha una patogenesi multifattoriale su base batterica. Denti sovrapposti renderanno difficoltoso al paziente come anche al clinico il mantenimento di una corretta igiene dentale favorendo l’accumulo di placca e conseguentemente il precoce aggravamento della malattia.

“RADDRIZZARE I DENTI” significa predisporli nella posizione migliore per poterli mantenere correttamente puliti e ciò ha grande valore nell’ambito di un programma di prevenzione e intercettamento dei sintomi della malattia parodontale.

 

Si parla poi di ORTODONZIA PRE-PROTESICA nei casi in cui si vuol risolvere una EDENTULIA SINGOLA o MULTIPLA ottimizzando la posizione dei denti residui prima di effettuare una riabilitazione fissa.

Difatti quando uno o più denti sono stati rimossi da tempo, si assiste sovente ad uno spostamento degli elementi residui i quali, nella ricerca di un nuovo equilibrio, e sotto le forze della masticazione, tendono ad occupare lo spazio venutosi a creare allargandosi, inclinandosi od “uscendo fuori” dall’osso. Situazioni, queste, che complicano la possibilità di realizzare protesi corrette in modo tanto maggiore quanto più lungo è il tempo passato dalle estrazioni. In tali casi se gli elementi non vengono prima riposizionati correttamente, i manufatti che verranno realizzati per rimpiazzare i denti persi dovranno accettare una serie di compromessi sia estetici che funzionali. E talora questi compromessi sono preludio al fallimento della riabilitazione effettuata.

 

Qui presento il caso di una paziente che, dopo alterne vicende odontoiatriche, aveva perso da tempo quasi tutti i denti superiori: dei pochi denti restanti, i canini si erano spostati e, ciò nonostante, le era stata confezionata una protesi rimovibile senza alcun rispetto di estetica e funzione. In particolare il canino di sinistra aveva occupato lo spazio dell’incisivo laterale ed era stato lasciato lì.
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All’arcata inferiore un affollamento del gruppo anteriore complicava ulteriormente la situazione ostacolando la corretta riconformazione dell’arcata dentale antagonista: in particolare l’incisivo laterale sinistro avrebbe finito coll’impattare contro il superiore allorquando questo sarebbe stato ripristinato in arcata.
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Il piano di trattamento è consistito dapprima in una simulazione della ideale riabilitazione protesica da performare all’arcata superiore attraverso una CERATURA DIAGNOSTICA.

 

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Successivamente sulla base di questa sono stati inseriti gli impianti nella posizione ideale per sostituire i denti mancanti secondo un protocollo definito “IMPLANTOLOGIA PROTESICAMENTE GUIDATA”.

 

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Gli impianti sono stati protesizzati in maniera provvisoria e sfruttati come leva su cui attuare il TRATTAMENTO ORTODONTICO per il riposizionamento dei denti superiori frontali nel frattempo già preparati protesicamente e rivestiti con dei provvisori.

 

ortodonzia-adulti5Contemporaneamente venivano riposizionati i denti malposti anche all’arcata inferiore.

Risolte le malposizioni dei denti, sono state infine realizzate protesi fisse alle due arcate e la paziente non solo è finalmente ritornata a masticare su denti fissi, ma, ciò che più conta, è ritornata a sorridere!

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Bruxismo, serramento e bite

Sia il bruxismo che il serramento sono una parafunzione. Il bruxismo consiste nello sfregamento dei denti mentre contemporaneamente li si tiene stretti. I denti, strofinando tra loro, emettono uno stridore che talora può essere percepito anche a distanza.

Diversamente, il serramento consiste nel solo stringere le arcate dentarie senza digrignarle.

Entrambe queste parafunzioni possono verificarsi sia di giorno che di notte e possono ripetersi più e più volte. Se si verificano, come nel più delle volte, di notte, al risveglio normalmente il paziente non percepisce alcun disagio, salvo nei casi in cui siano molto accentuate quando è possibile percepire una sensazione di indolenzimento dei muscoli masticatori.

Sui denti, le parafunzioni nel corso del tempo possono condurre ad importanti abrasioni con la comparsa di tipiche “faccette di usura” ed una superficie dentale dal caratteristico aspetto lucidato a specchio. Tutto questo è facilmente reperibile ad un occhio esperto.

Gradualmente la superficie dei denti si consuma sempre più: ciò comporta la perdita dapprima dello smalto e successivamente del tessuto sottostante, la dentina, con eventuale ipersensibilità dei denti al caldo o al freddo. Talora, come nel caso riportato in seguito, si inizia a intravedere addirittura il nervetto del dente.
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Il procedere dell’abrasione dentale comporta anche una perdita della dimensione verticale, vale a dire una riduzione della distanza tra mascella e mandibola. I denti indeboliti e assottigliati si possono fratturare. Il microtrauma costantemente presente sul dente, particolarmente nei casi prossimi all’esposizione della polpa, può comportarne una necrosi e quindi la necessità di devitalizzare i denti. Sul versante muscolo-articolare, l’iperattivazione ed il conseguente ipertono della muscolatura a sua volta possono determinare l’insorgenza di dolori facciali e cefalee anche severe oltre a rendere difficoltoso aprire la bocca completamente. Inoltre può verificarsi un danno all’articolazione temporo-mandibolare.

Ecco quindi che la valutazione del paziente deve essere affidata ad un esperto, lo gnatologo. Nei nostri ambulatori le valutazioni dei pazienti parafunzionali sono difatti demandate a ortodontisti di provata esperienza

Esistono naturalmente molte terapie che hanno il loro impiego in questi casi. In quest’articolo mi soffermerò sul bite dentale.

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Ne esistono vari tipi, tuttavia per quanto concerne le parafunzioni, possiamo dire che essenzialmente essi consistono in un apparecchio rimovibile, realizzato in resina preferenzialmente rigida. Tale apparecchio, anche noto come ortotico, fondamentalmente ha due funzioni: consumarsi al posto dei denti e interporre uno spessore tra le mascelle decontraendo i muscoli e alleviandone quindi l’infiammazione e i dolori.

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Per realizzare un bite è necessario prendere le impronte delle arcate dentali. Il paziente a cui è stato confezionato un bite dovrà successivamente eseguire controlli periodici. Il bite difatti non dura all’infinito, ma bensì tende naturalmente a consumarsi e pertanto deve essere valutato periodicamente dallo specialista.

Esistono in commercio bites preformati che tuttavia non consiglio assolutamente perché come detto in precedenza i presìdi volti a controllare le parafunzioni devono essere realizzati sotto il vigile e competente occhio dello gnatologo.

Come bisogna lavare i denti?

Il corretto mantenimento dell’igiene orale è presupposto indispensabile per ridurre il rischio di carie e problemi gengivali.

Almeno tre volte al giorno e comunque dopo ciascun pasto bisogna rimuovere placca e residui di cibo dai denti. La loro permanenza infatti comporta una progressiva irritazione dei tessuti gengivali e, attraverso la sintesi di sostanze acide, la decalcificazione della sostanza dentaria, meglio nota come carie.

Per prima cosa bisogna rimuovere i residui del cibo e la placca dagli spazi interdentali, in tal modo si favorirà una penetrazione più efficace di dentifrici e collutori che verranno impiegati successivamente. A seconda dei casi potranno essere impiegati: FILO INTERDENTALE, SCOVOLINI e/o IDROPULSORE.

Il FILO va impiegato facendolo passare nello spazio interdentale con un movimento di va e vieni che io paragono a quello con cui asciughiamo il collo con un’asciugamani. Tale movimento deve continuare dopo il passaggio tra i denti lambendo il margine della gengiva fino ad incontrare la resistenza della radice del dente.

Gli SCOVOLINI, di varie forme e misure, sono più utili negli spazi più larghi. Si impiegano facendoli penetrare dall’esterno verso l’interno di ciascun spazio evitando naturalmente di ledere i picchi gengivali interdentali.

L’IDROPULSORE o DOCCETTA ORALE è un apparecchio che con un beccuccio spruzza tra i denti acqua sotto pressione in maniera intermittente. Va utilizzato regolandone il reostato ad una potenza intermedia.

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Dopo aver deterso gli spazi interdentali si passerà allo SPAZZOLAMENTO DEI DENTI vero e proprio utilizzando un dentifricio al fluoro.

Se si impiegano spazzolini tradizionali, sono da preferire quelli a durezza media con testina piccola. Molteplici sono le tecniche applicabili: personalmente consiglio di spazzolare i denti prima di tutto sulle loro superfici esterne ed interne, orientando le setole dello spazzolino verso la gengiva e ruotandole poi verso “il bianco del dente” successivamente si detergeranno le superfici masticatorie con un movimento “avanti-indietro” infine si spazzolerà la lingua.

Se si impiegano spazzolini elettrici, è consigliabile spostare la testina, di norma molto piccola, su ciascuna superficie di ogni dente.

In entrambi i casi il tempo minimo di spazzolamento deve essere di 2 minuti, equamente distribuiti tra i quattro quadranti in cui immaginariamente è divisa la dentatura.

Gli spazzolini vanno usati in ogni caso senza sfregare eccessivamente i denti : se le setole si “aprono”, è verosimile che stiate applicando forze eccessive rischiando letteralmente di consumare denti e gengive. Vanno in genere cambiati non oltre i tre mesi di impiego.come-lavare-denti

Qualora ne sia stato consigliato l’uso, si concluderà la seduta di igiene con uno sciacquo di collutorio ricordando che tali prodotti non vanno diluiti e non sono “intercambiabili”. Naturalmente dopo l’uso di collutori, non bisogna risciacquare con acqua la bocca.

Aiuto, mi hanno detto che presto perderò i denti!

“Dottore, il mio vecchio dentista mi ha detto che presto perderò i denti per la PARODONTITE”.

 

Molte volte nella mia pratica clinica nuovi pazienti arrivati alla mia osservazione mi hanno riferito sentenze del genere.

Fortunatamente oggi abbiamo mezzi e conoscenze per evitare nella maggior parte dei casi che queste previsioni si avverino.

Innanzi tutto è bene spiegare cosa sia il PARODONTO. Esso è l’insieme dei tessuti di supporto dei denti. Tali tessuti sono l’osso alveolare, la gengiva e il legamento interposto tra questi e il dente.

Osservando una sezione di dente, in condizioni fisiologiche vedremmo che la gengiva non vi aderisce nella sua parte più estrema, bensì lo fa dopo aver descritto un’invaginazione di circa 2 mm di profondità, oltre tale solco essa si attacca al dente. Più in profondità, superato l’attacco gengivale, al dente si contrappone l’osso da cui si dipartono le fibre del legamento che lo tengono infisso nell’alveolo osseo.

La MALATTIA PARODONTALE è una patologia multifattoriale causata da batteri. Alla sua origine contribuiscono aspetti genetici, comportamentali (ad es. cattivo controllo della placca batterica domiciliare e fumo) e sistemici. Placca, tartaro e fumo inducono, particolarmente in soggetti predisposti da un punto di vista genetico, risposte infiammatorie che possono avere grande variabilità da persona a persona.

In principio l’infiammazione coinvolge le sole gengive che divengono arrossate e sanguinanti delineando il quadro della GENGIVITE, successivamente si estende in maggior misura interessando anche l’osso di supporto e determinando RECESSIONI GENGIVALI e/o TASCHE GENGIVALI che sono le espressioni più tipiche della PARODONTITE.

Le recessioni gengivali consistono nella perdita più o meno estesa della gengiva che circonda uno o più denti, e più questa perdita è profonda più viene a mancare anche l’osso di supporto sottostante.

Le tasche gengivali consistono invece nel distacco di gengiva, osso e legamento dal dente: si viene cioè ad approfondire il fisiologico solco che la gengiva descrive normalmente prima di aderire al dente.

Mentre la gengivite è facilmente trattabile, la parodontite richiede terapie più complesse.

In ogni caso è fondamentale eseguire una corretta valutazione del caso con un accurato esame clinico-radiografico.

Dalla sintesi dei dati raccolti scaturisce il piano di trattamento. Esso contempla una prima fase di detossificazione e pulizia dei denti e delle loro radici cui fa seguito una fase di rivalutazione. Successivamente si possono rendere utili terapie chirurgiche.

Queste ultime possono essere a seconda dei casi di tipo resettivo o ricostruttivo, entrambe comunque volgono a ristabilire la salute del parodonto e a permettere al paziente di mantenere una corretta igiene orale domiciliare, quest’ultima infatti è fondamentale per mantenere stabili nel tempo i risultati ottenuti.

 

Qui presento un caso del 2010 di una signora che alla prima visita risultava avere una gravissima parodontite con tasche molto profonde su ciascun dente superiore

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Dopo ABLAZIONE TARTARO e PULIZIA DELLE RADICI la paziente veniva motivata alle corrette manovre di igiene orale. Successivamente si rivalutò il caso e il piano di trattamento finale è consistito in terapia resettiva delle tasche presenti all’arcata superiore e riabilitazione protesica fissa inferiore su impianti.

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Il risultato ottenuto viene mantenuto stabile attraverso visite di controllo trimestrali e la paziente non ha estratto nessuno dei denti superiori.

L’apparecchio fisso ortodontico: a cosa serve?

Il trattamento ortodontico complessivo, attualmente, viene effettuato con apparecchi fissi che prevedono l’applicazione su tutti i denti dei bracket (attacchi che vengono posizionati sulla superficie del dente) che hanno delle informazione da trasmettere, tramite dei fili metallici dedicati, ai denti in modo da poterli muovere secondo delle direzioni prestabilite e conosciute dall’ortodontista per poter raggiungere la posizione ideale a fine trattamento.

Allineare i denti e portarli nella loro posizione ideale è fondamentale sia dal punto di vista estetico che fisiologico; una buona occlusione è importante per la masticazione, la fonazione e la deglutizione; inoltre la malocclusione può determinare disordini all’articolazione temporo-mandibolare. I denti storti per alcuni possono costituire un grave disagio che si ripercuote sulla vita relazionale.

 

Spesso gli apparecchi ortodontici fissi vengono usati in una seconda fase,  dopo gli apparecchi mobili per definire, perfezionare e portare a termine il trattamento ortodontico. Essendo formato da brackets (attacchi), fili metallici, tubi o bande sui molari, elastici, l’apparecchio ortodontico fisso complica le normali manovre di igiene orale, aumentando la difficoltà a rimuovere la placca batterica e rendendo complicato l’uso del filo interdentale. È consigliato quindi l’uso di spazzolini specifici durante il trattamento ortodontico e l’uso dell’idropulsore che tramite il getto d’acqua riesce a togliere buona parte dei residui di cibo e infine è raccomandato l’uso di collutori per migliorare l’igiene orale.

Disturbi respiratori del sonno ( DRS )

I disturbi respiratori nel sonno (DRS), costituiscono una problematica relativamente frequente ed oggetto dell’interesse di numerosi specialisti, in considerazione della possibile eziologia multifattoriale e delle conseguenze che tali disturbi comportano in diversi distretti ed apparati.

Gli eventi respiratori che possono intervenire durante il sonno sono vari, di gravità ed intensità diverse e variamente combinantesi tra loro. Alcuni di essi, come il russamento, non sono secondari a significative ostruzioni delle vie aeree superiori (VAS) e, pertanto, non esitano in caduta della saturazione di ossigeno o in microrisvegli (arousal).

Altri, come le ipopnee, le apnee o lo stridor notturno si presentano come eventi più o meno significativamente ostruttivi e sono associati a desaturazioni di ossigeno e a arousal (microrisvegli) che possono non lasciare traccia nel ricordo del paziente o, come nel caso dello “ choking “ (sensazione improvvisa di asfissia causata dalla risalita del succo gastrico in laringe) essere vissuti come drammatici.

Il russamento spesso rappresenta il primo momento di una patologia che potrebbe evolvere in una vera e propria sindrome chiamata OSAHS (Sindrome delle Apnee/Ipopnee Ostruttive in Sonno). Tale sindrome è rappresentata da una triade sintomatologica molto suggestiva:

1- russamento notturno con pause respiratorie (che determinano un ridotto apporto di ossigeno ai tessuti)

2- sonnolenza diurna

3- ipertensione arteriosa non risolvibile con i farmaci

a questo si accompagnano anche altri sintomi, variabili da soggetto a soggetto: cefalea al risveglio, secchezza delle fauci, acufeni (ronzii alle orecchie), vertigini, nicturia (necessità di alzarsi durante la notte per urinare), difetti di memoria e di concentrazione, incidenti stradali o sul lavoro.

L’OSAHS, non riconosciuta né trattata potrebbe determinare, nel tempo, gravi danni dell’apparato cardiocircolatorio, polmonare, metabolico e neurologico fino alla morte per accidenti cerebrovascolari (infarti del miocardio e ictus cerebrali).

La diagnosi di questi disturbi parte da una corretta anamnesi, agevolata dalla compilazione di un questionario che valuta il grado di sonnolenza diurna. Successivamente, la visita otorinolaringoiatrica con endoscopia delle alte vie respiratorie è un momento necessario per valutare l’anatomia delle stesse, le eventuali anomalie sia statiche che dinamiche.

La certezza diagnostica e la quantizzazione del disturbo viene effettuata con un monitoraggio cardio respiratorio nel sonno (poligrafia domiciliare notturna).

Eseguita la diagnosi si indirizzerà il paziente verso la giusta strategia terapeutica, sia essa chirurgica, odontoiatrica, ventilatoria e di stile di vita.

 


Gli studi

NAPOLI: Nato nel 2000, grazie al consenso sempre maggiore col quale i nostri pazienti ci onorano, è stato di recente ampliato in modo tale da garantire l’erogazione delle cure in un ambiente che sia quanto più confortevole possibile.

MADDALONI: Nato nel 2013, situato in centro, è attrezzato con apparecchiature all’avanguardia, facilmente accessibile anche a portatori di handicap e si pone l’obiettivo di essere punto di riferimento per l’erogazione di terapie dall’alto standard qualitativo.


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presso gli studi è attivo un servizio di trasferimento chiamata che permette ai medici di essere costantemente reperibili quando non presenti nelle strutture.
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