Igiene orale

Danni del fumo su bocca e denti

E’ noto a tutti che il fumo fa male. Naturalmente fa male anche al cavo orale: i danni del tabagismo possono però essere ben peggiori dell’alitosi o della presenza di denti gialli e macchiati.

Il fumo:

  • Accelera la evoluzione di gengivite e parodontite sia predisponendo ad un maggiore accumulo di tartaro e placca, sia selezionando ceppi batterici tra i più aggressivi per le gengive. Perciò è importante che i fumatori effettuino frequentemente sedute di pulizia dei denti.
  • Nell’implantologia aumenta le probabilità di fallimenti precoci e tardivi dell’intervento.
  • Negli interventi di rigenerazione ossea parodontale è assolutamente controindicato: in questi casi se il paziente non si astiene, il fallimento della procedura è quasi certo.

Ma in realtà queste sono ancora bazzecole: il vero rischio cui i fumatori sono esposti al livello della bocca come in qualsiasi altro distretto, è il cancro.

In base ai dati forniti dall’AIRC, in Italia ogni anno vengono diagnosticati circa 4.500 casi di tumori alla bocca e si registrano circa 3.000 decessi. L’elevato tasso di mortalità (oltre il 50%) è dovuto al fatto che in genere questo tumore viene diagnosticato quando la massa si è già ingrandita al punto da richiedere interventi mutilanti e spesso con scarsi risultati. L’abbinamento fumo – alcool aumenta ulteriormente il rischio poiché l’alcool sgrassa la bocca facilitando l’azione tossica del fumo.

È quindi fondamentale che i fumatori effettuino frequentemente visite di controllo nel corso delle quali, qualora l’odontoiatra riscontrasse una lesione sospetta come una precancerosi, potrà eventualmente effettuare una biopsia.

 

Cause e rimedi al russamento

Il 60 % degli uomini e il 40% delle donne sopra i 60 anni russano. Ma, sebbene con minori percentuali, la roncopatia affligge anche i più giovani.  Il rumore così molesto del russare è causato da una vibrazione dei muscoli della parte superiore dell’apparato respiratorio quando si rilasciano: durante il transito dell’aria il palato molle e le mucose del cavo orofaringeo iniziano allora a vibrare. Anche la lingua si ritira indietro nella faringe, potendo talvolta occluderla per alcuni secondi: ciò può provocare un’apnea. Nei pazienti in sovrappeso, i depositi adiposi provocano un’ulteriore riduzione del flusso respiratorio.

Quando il russamento si accompagna ad episodi di apnea si parla di sindrome dell’apnea ostruttiva nel sonno (OSAS). Tale sindrome può avere ricadute molto pericolose e pertanto va affrontata con un’opportuna terapia multispecialistica.

Quando il russamento non contempla episodi di apnea, non rappresenta un pericolo per la salute, ma lo è sicuramente per la vita di coppia: in tali casi già una buona igiene del sonno può aiutare. Si tratta di evitare il consumo di pasti pesanti e alcool prima di coricarsi. Un calo ponderale dovrà essere attuato quando necessario. Infine sono stati proposti da alcuni ricercatori dei bite per il russamento: dispositivi ortodontici simili a due bite collegati insieme che, mantenendo pervio lo spazio dietro la lingua, favoriscono il transito dell’aria e riducono le vibrazioni dei tessuti molli.

Questi ultimi dispositivi tuttavia non possono essere impiegati se c’è mobilità o assenza dei denti e il loro eventuale impiego deve essere valutato dallo specialista rifuggendo dalla tentazione dei rimedi fai da te reperibili in farmacia.

Piercing, bocca e denti

Sempre più persone ricorrono all’uso del piercing: in particolare questa moda è molto diffusa tra i più giovani. I punti dove viene applicato sono frequentemente ubicati proprio nel cavo orale: in primis sulla lingua, ma anche nel labbro inferiore o al centro di quello superiore, davanti gli incisivi.

Senza voler entrare nel merito di scelte estetiche, è opportuno ricordare che il piercing può avere in alcuni casi ricadute negative sulla salute generale o su quella locale, strettamente odontoiatrica.

Innanzi tutto l’applicazione, è ovvio, deve essere fatta da operatori che lavorino in ambienti a norma e con materiale sterile, viceversa i rischi che si corrono sono notevoli: dal contagio con virus molto pericolosi a più semplici, ma non per questo accettabili, infezioni locali.

Allergie, inalazione o ingestione della parte applicata sono eventi purtroppo frequenti.

Dal punto di vista strettamente odontoiatrico bisogna invece considerare che le parti metalliche sono in grado di danneggiare sia i denti che i tessuti molli. Tipico è il caso del piercing al labbro inferiore: la porzione interna infatti potrebbe impattare continuamente sulle gengive con il rischio di provocare recessioni gengivali.

Oltre alle gengive, il piercing può causare danni ai denti come pigmentazioni, abrasioni e fratture o al loro posizionamento: in letteratura sono riportatati casi in cui il paziente, giocherellando a premerlo contro i denti, aveva progressivamente indotto una malocclusione.

Infine, anche se molto raramente, si può patire una lesione di strutture nobili (nervi, ghiandole salivari).

Per quanto sopra, sarebbe opportuno che chi desidera applicare un piercing in bocca, prima di farlo, fosse sempre preventivamente informato dall’operatore sui rischi. Preso atto di essi ed effettuata tale pratica, non bisognerebbe comunque dimenticare di usare adeguate misure di igiene ed eseguire controlli odontoiatrici con frequenza.

L’alitosi

E’ opinione diffusa che dire a qualcuno che ha l’alito cattivo sia offensivo: conseguentemente molti soggetti affetti da alitosi non ne sono consapevoli.

Da una recente ricerca è emerso che in una situazione lavorativa, soltanto il 9% delle persone farebbe notare a un collega che il suo alito è cattivo, il 20% lo lascerebbe intendere, ad esempio, offrendo una mentina e la restante parte preferirebbe ignorare la questione e evitare del tutto il collega. Da quest’ultima affermazione si capisce quanto importante sia affrontare correttamente questo problema.

Le cause dell’alitosi possono essere legate sia all’alimentazione che a malattie sistemiche, delle vie aeree e del tratto digerente.

Per quanto riguarda l’alimentazione è noto a tutti che alcuni alimenti (aglio, cipolle, formaggio) possono essere causa di tale disturbo e in tali casi basterà evitarne il consumo.

Tra le patologie sistemiche frequentemente causa di alitosi ci sono diabete, epatopatie e nefropatie; anche malattie delle vie respiratorie come sinusite e bronchite sono in grado di instaurare l’alitosi. Nel tratto digerente possono essere individuate patologie causa di alitosi a livello gastrico, esofageo (ulcera, reflusso) ed orale.

Le malattie del cavo orale sono il principale fattore causale dell’alitosi: perciò il dentista è il primo specialista da interpellare.

Il meccanismo attraverso il quale le malattie del cavo orale determinano l’alitosi risiede nella liberazione di composti solforati volatili e maleodoranti a seguito della decomposizione dei residui di cibo da parte dei batteri.

Ogni ambiente capace di offrire ricetto a microbi e residui alimentari può diventare quindi causa di bromopnea. Denti cariati e tasche parodontali sono i principali siti responsabili, seguiti dal dorso della lingua, dagli spazi interdentali, otturazioni debordanti, e protesi mobili (dentiere) igienicamente trascurate.

Per prevenire e per curare l’alitosi è dunque necessario sia attuare una corretta igiene orale detergendo scrupolosamente i denti e la lingua sia consultare il dentista per curare, eventualmente siano presenti, stati di parodontite, gengivite e carie e per valutare l’opportunità di richiedere ulteriori consulenze specialistiche.

Dentifrici sbiancanti e abrasione dentale

Quando si vogliono denti bianchi abitualmente la prima cosa che si fa è acquistare un dentifricio sbiancante. Questi dentifrici funzionano attraverso due strade: la presenza di sbiancanti ottici e la rimozione meccanica delle macchie per mezzo di particelle abrasive.

Gli sbiancanti ottici sono sostanze chimiche che, depositatesi sui denti, riflettono la luce in maniera più brillante.

Invece le particelle abrasive aggrediscono le macchie rimuovendole per attrito. L’attrito però non si ferma alle macchie, ma coinvolge tutto il dente potendo contribuire a consumarne le parti più delicate: i colletti. In queste zone, dove lo smalto è sottile o inesistente, la dentina sottostante può facilmente esporsi, ed essendo di gran lunga meno resistente dello smalto, può consumarsi in modo relativamente veloce.

Non a caso l’indice di abrasività dei dentifrici è espresso in RDA: Relative Dentin Abrasivity. Tale indice può avere valori compresi tra 0 e 250. I valori fino a 80 indicano dentifrici a bassa abrasività, tra 80 e 100 quelli medi, oltre ci sono le paste altamente abrasive.

Impiegare dentifrici altamente abrasivi è rischioso per denti e gengive. I denti possono pian piano consumarsi al colletto divenendo fragili e sensibili, le gengive possono retrarsi manifestando recessioni. Inoltre l’abrasione azzera anche i benèfici effetti che il fluoro esercita per via topica nella prevenzione delle carie.

Quando poi, non sapendo come lavare correttamente i denti, al dentifricio abrasivo si abbina uno spazzolino duro e un movimento errato, i danni possono essere rilevanti.

Ma in mancanza di indicazioni sull’RDA, come capire se una pasta dentifricia è troppo aggressiva? Un modo empirico per valutare l’abrasività di un dentifricio è palparlo tra le dita: una pasta abrasiva ha granuli facilmente palpabili e che si apprezzano anche tra i denti.

In ultima analisi comunque è consigliabile evitare o limitare a brevissimi periodi l’uso di dentifrici abrasivi.

Come scegliere lo spazzolino

Avete scelto di acquistare un nuovo spazzolino ma non sapete quale prendere? Naturale, infatti gli spazzolini non sono tutti uguali. Anche se molti medici trascurano questo aspetto, un bravo dentista invece sa che lo spazzolino da denti per essere efficace deve avere caratteristiche ben precise:

La durezza delle setole deve essere generalmente di livello medio. Nei pazienti che hanno gengive delicate e denti molto sensibili invece è consigliabile usare spazzolini morbidi.

Testa dello spazzolino piccola: la testina troppo grande può ostacolare la detersione dei settori dentali di difficile accesso. Per i bambini esistono dimensioni appositamente calibrate.

Composizione della testina: oggi, accanto alle setole, possono essere presenti anche dispositivi accessori. Io consiglio le testine composte esclusivamente da setole artificiali. I dispositivi accessori proposti dall’industria per gli scopi più svariati, per lo più sono realizzati in materiali che alla lunga potrebbero avere un effetto lesivo su denti e gengive.

Orientamento delle setole: dovendo scegliere uno spazzolino che abbia setole tutte allineate ed un altro che le abbia disposte in maniera incrociata, è senza dubbio da preferirsi quest’ultimo in quanto massimizza la capacità di detersione.

Lunghezza delle setole: trovo consigliabile impiegare spazzolini che hanno setole di diversa lunghezza. La presenza di un ciuffo terminale più lungo può aiutare a detergere i punti più posteriori e quelli interdentali. Anche la disposizione vicendevolmente alternata di gruppi di setole più lunghi e più corti risulta più efficace nel raggiungere gli spazi interdentali.

Indicatore dello stato di usura: alcuni spazzolini hanno setole che virano di colore quando iniziano a invecchiare.

In media comunque lo spazzolino va cambiato ogni tre mesi anche se sembra perfettamente integro. Infatti la sua durezza dopo tale periodo si sarà modificata e quindi lo spazzolamento sarà meno efficace. Se addirittura si aspetta che le sue setole siano divaricate si potrebbero rischiare recessioni gengivali e usure al colletto dei denti.

Bambini e genitori dal dentista

I bambini e i genitori dal dentista

 

Il ricordo del mio primo pedodonzista a Napoli sono tante grandi pinze sul banco del suo ambulatorio. Entrando nello studio esse facevano bella mostra di sé, ma, una volta seduti, non era più possibile “sorvegliarle” perché il banco era alle spalle della poltrona. Oggi so che si trattava di innocue pinze per gli apparecchi ortodontici mobili, ma allora quella presenza incombente mi atterriva. Questo ricordo personale mi è servito da stimolo per evitare esperienze analogamente sgradevoli ai miei pazienti più piccoli. Nei miei ambulatori, prima di una seduta di pedodonzia, elimino elementi ansiogeni e non necessari alla terapia del caso. Per quelli necessari faccio in modo da spiegare il loro uso e ne faccio sperimentare l’innocuità. Tali attenzioni tuttavia non bastano: perché un bambino si affidi con serenità alle nostre cure, c’è infatti bisogno di collaborazione anche da parte della sua famiglia. I miei suggerimenti:

  • Innanzi tutto meglio prevenire che curare e quindi:
    • Attuare un appropriato regime alimentare fin dalla più tenera età prediligendo l’uso di alimenti che fanno bene ai denti. Evitare invece i dolciumi: nei bimbi essi possono causare in breve tempo carie molto estese rendendo necessari interventi senza dubbio invasivi.
    • Aiutare e abituare i bambini a lavare i denti.
    • Portare i piccoli presso lo studio per eseguire controlli di routine. Ciò permette di creare il giusto feeling col medico e intercettare precocemente eventuali problemi.
  • Non utilizzare il dentista come spauracchio: “se non lavi i denti ti porto dal dentista” individua l’odontoiatra come una punizione.
  • Mai raccontare ai bambini pregresse personali esperienze negative.
  • Non svelare i segreti del mestiere al bambino: “Hai visto? Ti ha fatto la siringa e non te ne sei neanche accorto”.
  • Non portare i piccoli con sé quando ci si sottopone a cure: la cosa più semplice che può succedere ad esempio è che il piccolo veda che il genitore ha paura di “quel dottore”.
  • Durante la seduta partecipare congiuntamente con i medici nel creare un ambiente rassicurante per il piccolo facendo attenzione anche ai dettagli. Una semplice parola “sbagliata” potrebbe avere conseguenze negative: dire “il dottore non ti farà sentire dolore” viene tradotto dal piccolo quasi sempre con “potresti sentire dolore”!
  • Se si è incerti sul comportamento da tenere, spesso la cosa più saggia è sedersi e sfogliare una rivista.

Chi può praticare l’implantologia?

Chi può praticare l’implantologia?

 

In odontoiatria l’implantologia è la branca che si occupa del posizionamento di viti in titanio nell’osso mascellare al fine di fornire supporto ad una protesi dentaria. Oltre alle capacità chirurgiche, essa necessita che l’operatore sia anche adeguatamente preparato nel campo protesico in quanto per ottenere un ripristino protesico funzionale ed estetico il posizionamento degli impianti va pianificato in modo coerente.

L’implantologia a Napoli e Caserta, città dove opero, è praticata come in tutta Italia sia da laureati in medicina che in odontoiatria.

Ma, quando ci si affida ad un professionista per una riabilitazione odontoprotesica, è bene sapere che già nel 2009 secondo un parere emanato dalla Direzione Generale delle professioni sanitarie del Ministero della Salute non certo i medici, ancorchè specializzati in chirurgia maxillo-facciale, ma esclusivamente i laureati in odontoiatria hanno le competenze specifiche per redigere un corretto piano di trattamento di implantologia dentale. Questo perché solo nel piano di studi del corso di laurea in odontoiatria è previsto l’insegnamento di “Protesi dentale”. Un medico, anche se specializzato in chirurgia maxillo-facciale potrà impiegare l’implantologia per riabilitazioni protesiche di altro tipo (protesi facciali ad esempio), ma nel campo odontoiatrico potrà agire solo sotto la supervisione di un odontoiatra.

Capitolo a parte meritano invece coloro che esercitano la professione odontoiatrica senza idoneo titolo di studio comunemente chiamati “abusivi”. Costoro, spacciandosi per medici o odontoiatri, operano senza alcuna preparazione con conseguenze facilmente immaginabili.

Ma allora come fare a sincerarsi che gli impianti li stia effettivamente mettendo un odontoiatra? Basta collegarsi al sito della Federazione degli Ordini dei Medici e Odontoiatri, digitare il nome dell’operatore e verificare che sia in possesso della Laurea in Odontoiatria e Protesi Dentale.

Fluoroprofilassi, si o no?

 

Fluoroprofilassi, si o no?

Il fluoro è un elemento naturalmente presente nei nostri denti. Esso contribuisce a rafforzare lo smalto nei confronti degli attacchi dei germi cariogeni.  E’ sulla base di questa constatazione scientifica che si fonda la fluoroprofilassi cioè la somministrazione di fluoro per combattere in maniera preventiva l’insorgenza di carie. Si distinguono la fluoroprofilassi sistemica e la fluoroprofilassi topica.

Nel primo caso il fluoro viene somministrato come gocce o compresse da ingoiare (Zymafluor, per esempio) perché si integri all’interno del dente; nel secondo viene applicato localmente a contatto con le parti esposte dei denti sulle quali soltanto può depositarsi.

Ma un’eccessiva assunzione di fluoro (acqua fluorata, dentifricio, supplementi fluorati, latte in formula, alimenti), specie se protratta nel tempo durante l’età pediatrica, può essere causa di fluorosi dentale, patologia che, tra le altre cose, fa comparire macchie giallo-brune sui denti.

fluorosi dentale

Ma allora la fluoroprofilassi fa bene o no?

A dirimere il dubbio ci aiutano le linee guida nazionali per la promozione della salute orale e la prevenzione delle patologie orali in età evolutiva:

  • La somministrazione di integratori fluorati (compresse, gocce), durante la gravidanza, allo scopo di ridurre il rischio di carie del nascituro, non è raccomandabile vista la mancanza di una chiara evidenza scientifica (EADP, 2009). Tuttavia, durante la gravidanza, un’integrazione vitaminica e/o minerale con prodotti che contengono anche fluoro in concentrazioni variabili (0.7-1 mg), può essere contemplata.
  • La prevenzione della carie attraverso l’utilizzo del fluoro è necessaria per tutti gli individui.
  • I mezzi di fluoroprofilassi da usare maggiormente sono quelli per via topica (dentifrici, collutori o gel); questa via di somministrazione, inoltre, è in grado di fornire concentrazioni molto più elevate di fluoro rispetto a quelle contenute, ad esempio, nell’acqua potabile. Il dentifricio fluorato, quindi, rappresenta un mezzo di somministrazione di primaria importanza nella prevenzione della carie limitando però la dose per i bambini fino ai 6 anni in quanto essi, non sapendo ancora controllare efficacemente il riflesso della deglutizione, tendono a ingerirne involontariamente una parte con conseguente assorbimento sistemico.
  • Gli integratori fluorati devono essere prescritti dal pediatra nei casi di oggettiva difficoltà alla somministrazione topica di fluoro attraverso il dentifricio o come metodica di fluoroprofilassi aggiuntiva nei soggetti a elevato rischio di carie.

In conclusione possiamo dire che dai 6 mesi fino all’età di 6 anni due possono essere le modalità di somministrazione:

Modalità 1 : (preferibile) uso di un dentifricio contenente almeno 1000 ppm di fluoro, 2 volte al giorno, in dose pea-size.

Modalità 2 : nei casi di oggettiva difficoltà all’uso del dentifricio e quindi come metodica alternativa  di fluoroprofilassi o nei soggetti ad alto rischio di carie come metodica aggiuntiva all’uso del dentifricio:

  • da 6 mesi ai 3 anni: somministrare 0,25 mg/die di fluoro con gocce;
  • da 3 a 6 anni: somministrare 0,50 mg/die di fluoro con gocce o pastiglie.

Dopo i 6 anni la fluoroprofilassi deve essere effettuata solo attraverso l’uso di un dentifricio contenente almeno 1000 ppm di fluoro, almeno 2 volte al giorno. Per massimizzare l’effetto benefico del fluoro contenuto nel dentifricio, è consigliabile non risciacquare o ridurre al minimo il risciacquo, dopo lo spazzolamento.

Alimenti che fanno bene a denti e gengive

Alimenti che fanno bene ai denti e alle gengive

Una mela al giorno toglie il medico di torno… Non è esattamente così, purtroppo, però c’è qualcosa di fondato in questo antico proverbio.

Esistono alimenti che possono aiutare a mantenere sani la bocca e i denti, vediamone alcuni:

Gli alimenti ricchi di fibre come finocchi, sedano o mele aiutano a detergere la superficie dei denti riducendo l’accumulo di placca.

Il consumo di agrumi e alimenti ricchi di vitamina C aiuta a tonificare le gengive perché la vitamina C è coinvolta nel metabolismo del loro costituente principale, il collagene. Lo scorbuto, malattia temibile che un tempo affliggeva i marinai impegnati in viaggi di lungo corso e che tra i suoi sintomi comportava la perdita di denti sani, fu sconfitto proprio caricando a bordo alimenti ricchi di vitamina C.

Latte e derivati, ricchi di calcio, sono fondamentali durante lo sviluppo dei denti per favorirne la corretta mineralizzazione. Attenzione però ai latte crescita: sono addizionati con carboidrati e la assunzione col biberon permette un prolungato e ravvicinato contatto dei denti da latte con tali zuccheri potendo favorire l’insorgenza di carie, motivo per cui è consigliabile detergere i dentini dopo l’assunzione di questi tipi di latte anche semplicemente strofinandoli con una garzina inumidita.

Pesce e frutti di mare ma anche tè, patate (soprattutto la buccia), cereali, spinaci ed altri vegetali, rappresentano buone fonti di fluoro. Il fluoro è un minerale che conferisce durezza ai denti. Durante la formazione dei denti un consumo eccessivo però va evitato perché può innescare la fluorosi che, tra l’altro, comporta inestetismi dentali permanenti. Da ciò scaturisce la mia perplessità circa il ricorso ad integratori del fluoro: il fisiologico fabbisogno viene facilmente raggiunto con una dieta opportunamente variata.

Agrumi, albicocche, pomodori, vino rosso e tè verde contengono flavonoidi, sostanze che concorrono a attribuire a frutta e ortaggi sfumature di colore rosso, giallo e arancio e che sono dotate non solo di capacità antiossidanti ottime per combattere i famigerati radicali liberi, ma anche di capacità antinfiammatorie e antibatteriche.

I flavonoidi fanno parte di una serie più estesa di sostanze chiamate polifenoli. Attenzione: cottura e conservazione degradano i polifenoli, pertanto essi vanno consumati freschi e possibilmente crudi o cotti brevemente al vapore. Cavoli, broccoli, radicchio e tè verde contengono molti polifenoli. Le capacità benefiche del tè verde per la bocca sono riportate in diversi articoli della letteratura scientifica. L’unico effetto collaterale del consumo del tè è la comparsa di pigmentazioni sui denti che però possono facilmente essere rimosse con una seduta di pulizia dei denti.

Per lo sbiancamento fai da te masticare foglie di salvia un paio di volte la settimana aiuta attraverso un’azione sia meccanica (abrasiva) che chimica. La salvia inoltre ha effetto contro l’alitosi come pure la menta.

In ultima analisi gli alimenti che fanno bene ai denti sono quelli che fanno bene a tutto il corpo. E’ opportuno quindi prediligere il consumo di vegetali di stagione variandoli tanto e consumandoli crudi o cotti al vapore. La mattina tè verde per gli adulti e latte per i piccoli. Ogni tanto piccole quantità di piante aromatiche.


Gli studi

NAPOLI: Nato nel 2000, grazie al consenso sempre maggiore col quale i nostri pazienti ci onorano, è stato di recente ampliato in modo tale da garantire l’erogazione delle cure in un ambiente che sia quanto più confortevole possibile.

MADDALONI: Nato nel 2013, situato in centro, è attrezzato con apparecchiature all’avanguardia, facilmente accessibile anche a portatori di handicap e si pone l’obiettivo di essere punto di riferimento per l’erogazione di terapie dall’alto standard qualitativo.


Sede di Napoli: via Edoardo Nicolardi 110.Tel: +39 081 743 37 86

Sede di Maddaloni (CE): via Roma 10.Tel: +39 0823 1970 479

presso gli studi è attivo un servizio di trasferimento chiamata che permette ai medici di essere costantemente reperibili quando non presenti nelle strutture.
Fax: 081 592 05 09E-mail: info@studiocuccurullo.it